Wild Wolf

Sognando i lupi

« Older   Newer »
  Share  
ZannaNera
view post Posted on 9/4/2012, 20:17




Premetto che sono ancora in pieno studio delle tematiche-del-branco, ma mi sono detta: perché no? Tanto, il massimo che può accadere è essere assalita verbalmente/fisicamente/lapidata.

Prologo – La legge del branco



Il diluvio continuava incessante, squarciando la notte nera coi fragorosi tuoni che, in mezzo al bosco, sembravano risuonare ancora più potenti illuminando per pochi attimi gli alberi che spaccati dal vento assumevano forme terrificanti, atte a spaventare ogni animale che non fosse degno di cercare rifugio in quella macchia verde in mezzo al nulla delle rocce grigie.
Arok cadde in mezzo al fango, lordando il suo pelo bianco come la prima neve d'inverno. O che, almeno, lo era prima di sporcarsi di terra bagnata e sangue. Il suo sangue.
Non poteva perdere, non ora, non dopo l'affronto che aveva lanciato al suo alfa. Che, poi, non l'aveva nemmeno fatto apposta: la verità era che il suo leader non era altri che un attaccabrighe, e talmente codardo per accettare le sfide dei suoi sottoposti più forti come i Beta da ripiegare sull'Omega. Da ripiegare su di lui, il gradino più in basso del branco.
Lui che veniva continuamente maltrattato, che era continuamente vittima di soprusi, che mangiava per ultimo e che spesso restava a digiuno, che raramente partecipava alle battute di caccia data la sua incompetenza. Lui, l'Omega.
Ma era meglio essere Omega che essere soli.
Perché quelli come lui potevano morire di solitudine.
“Non ne hai abbastanza?” lo sfidò ringhiando quel lupo nero come la pece e dall'occhio pesto, risultato di chissà quale battaglia combattuta prima di arrivare in quel branco, del quale aveva ucciso il leader per impossessarsi del ruolo.
Ma era questa la legge del branco: il perdente fugge o il perdente muore. Il vincitore prende il posto del perdente. Chiunque può sfidare chiunque e quando vuole, quante volte vuole, anche a costo di vincere per sfinimento.
Il perdente fugge.
Il perdente muore.
“Non...” uggiolò il lupo bianco, rialzandosi a fatica sulle zampe malferme e lacerate dai morsi del rivale. “Non lascerò casa mia...”
L'alpha azzannò la spalla di Arok tanto velocemente che l'animale sentì l'acuto e bruciante dolore prima ancora di vedere lo spostamento. “Vattene, e fuggi. Dignità o vita, sta a te scegliere”
L'altro provò ad azzannarlo, ma l'avversario schivò facilmente ottenendo solo un graffio superficiale. “Non lascerò casa mia” latrò più fermamente.
“ALLORA CI MORIRAI!” ululò il lupo nero, mirando dritto alla giugulare. Arok schivò per un caso fortuito, scivolando sul terreno umido della pioggia che non smetteva incessantemente di cadere come a voler completare quel patetico scenario, riuscendo però a ristabilirsi e a spaccare con uno schiocco sordo della sua mascella la zampa anteriore del suo capobranco. Lui ringhiò di rabbia e di dolore, e il lupo bianco (che ormai, fra fango, sangue e polvere tanto bianco non era) ne approfittò per allontanarsi.
I due, ormai entrambi zoppicanti, si lanciarono occhiate d'odio e di ribrezzo, che promettevano la morte l'un l'altra, di sfida, poiché ci avrebbe abbassato lo sguardo sarebbe stato reputato sconfitto. Fra le sottintese urla di scherno dei suoi compagni, che in realtà si limitavano ad ululare sia per la solennità del rito, sia per avvertire chiunque fosse nella zona che quello al momento era territorio di guerra, Arok per un attimo rifletté su quale fosse la scelta migliore. Si era sempre ripromesso che avrebbe preferito perdere la vita della dignità, ma è facile parlare nei casi astratti. In quel preciso frangente, ora che avrebbe dovuto vivere la scelta sulla propria pelle e sulle proprie ossa, non sapeva se la scelta più dolorosa sarebbe stata la morte o l'esilio nelle fredde e aride terre desolate tutt'intorno al bosco del suo branco.
I due, dopo lunghi secondi di battaglia psicologica, ricominciarono a girare in tondo in attesa ognuno della prima mossa dell'altro: alla fine fu il lupo nero a scattare, ma la zampa inutilizzabile l'aveva penalizzato a tal punto che il bianco si spostò a lato e, col peso del suo corpo, lo spinse per terra in mezzo al fango dove lui, fino a qualche attimo prima, si era ritrovato a riflettere se valesse la pena chiedere pietà pur di non restare ammazzati. Il rivale si alzò velocemente, per nulla intimorito da quel leggero svantaggio, perché ovviamente un motivo se era l'alpha c'era.
E gli alpha sono i lupi più forti del branco.
Con una rabbia e una rapidità improvvisi ed inimmaginabili, il nero mirò al muso del rivale coi denti, azzannandogli e portandogli via una parte dell'orecchio sinistro in pochi secondi, e inondando tutt'intorno di sangue scuro.
Arok uggiolò, mentre il liquido rossastro scendeva a fiotti sul muso intaccando la sua visuale sul campo di battaglia.
E, improvvisamente, trovò una risposta all'interrogativo che, per tutta la battaglia, l'aveva assillato.
La coda fra le gambe, il capo basso, il naso nero che sfiorava le piante di felce che gli solleticavano le zampe lacere, l'orecchio distrutto che si abbassava sul capo insieme a quello ancora sano. Le ferite avevano la meglio. Si stava inchinando. Si era arreso.
Aveva perso.
“Vattene, e non tornare in queste terre se non per sfidarmi!” ordinò l'alpha dal pelo nero, come se avesse già scordato la zampa che quello gli aveva brutalmente distrutto con un solo morso.
Arok, scordando anche lui le brucianti ferite che gli dilaniavano il corpo e anche l'anima, fuggì con le ultime energie rimaste senza mai voltarsi indietro.
Il perdente fugge.
Il perdente muore.
Il perdente, pensava amaramente il lupo senza interrompere la sua disperata corsa lontano da tutto ciò che conosceva, aveva preferito la vita alla dignità.
E per questo, forse, avrebbe meritato di morire.


La lupa dal folto pelo marroncino correva senza sosta da giorni oramai, senza preoccuparsi più di tanto del paesaggio arido e sterile che saettava rapido accanto a lei. Lo stomaco lanciò una nuova dolorosa fitta, e le costole che iniziavano ad intravedersi sotto la pelle erano un ulteriore prova di quanto lei dovesse sbrigarsi a raggiungere la sua destinazione: quando però un buon odore la distrasse facendola voltare verso est, laddove regnavano ancora scure pozzanghere dovute all'alluvione della sera precedente, l'animale frenò lasciando brevi solchi sulla terra arida e polverosa.
Era impossibile sbagliarsi: era odore di sangue, e sicuramente fresco. Questo poteva significare solo una cosa: che c'era una preda inerme e dissanguata lì vicino e lei, che non avrebbe sicuramente avuto la forza per cacciare in quel momento, ora poteva consumare un comodo pasto gratuito per rimettersi in forze, per poi cercare in seguito altre bestie che le avrebbero rimesso un po' di carne sulle ossa.
Riprendendo la sua rapida andatura, l'unico vantaggio del corpo minuto che si ritrovava, lo stesso che l'aveva portata alla rovina e che sembrava ancora più piccolo ora che era ridotta alla fame, notò un altro particolare olezzo misto al delizioso odore metallico del sangue: sembrava... sì, non vi erano dubbi. Il suo naso non falliva mai.
Lupo. Vivo.
Frenò nuovamente, e le zampe dai cuscinetti graffiati e sanguinanti implorarono pietà con un'altra acutissima fitta. Che fare, adesso? Se quella preda fosse stata il bottino di un altro lupo? Eppure, era certa che l'unico branco in quella zona fosse nella macchia verde a chilometri da lì; nella roccia spoglia, dove il paesaggio era costituito da sassi, rupi, alberi secchi e polvere, quale animale poteva vivere? E quale cacciarlo? Questa volta ripartì con molta più calma, trotterellando verso quell'odore che le stuzzicava talmente l'appetito da farle dimenticare la prudenza, ma coi sensi per aguzzati per fuggire ad ogni minimo segnale di pericolo. Le scie che stava seguendo la portarono vicino ad una enorme costruzione di rocce scavate dall'acqua, che formavano una specie di grotta sopraelevata e leggermente in pendenza, quindi che non rischiava di allagarsi nelle stagioni di pioggia, alla quale si arrivava tramite un sentiero costruito da sassi che sembravano formare dei gradini, quasi a invogliarla a salire lassù e gustarsi la sua meritata carne fresca, che da tempo indefinito non attraversava il suo corpo fino a raggiungere lo stomaco ormai avvizzito dalla fame. Da troppo non sentiva il sapore del sangue, e ora che era a pochi passi...
Al diavolo la cautela si disse, dirigendosi decisa verso i sassi che l'avrebbero guidata all'apertura della grotta.
Naturalmente, l'odore di lupo diventava sempre più forte e penetrante, tanto che ad un certo punto la lupa marroncina non riuscì più a distinguere i due odori: presto, le sue orecchie iniziarono a captare brevi uggiolati, e fu allora che capì perché non c'era più alcuna differenza fra sangue e pelo di lupo.
Perché appartenevano alla stessa creatura.
Arrivata all'imboccatura della grotta ci volle un po' perché la sua vista diventasse efficiente come all'esterno, ma quando fu accaduto lei mosse passi cauti all'interno dell'apertura che odorava in quel modo così terrificante di morte e disperazione. Non attraversò che pochi metri, prima di iniziare ad intravedere la sagoma di un lupo che, nonostante le dimensioni maggiori, doveva essere poco più giovane di lei, sdraiato sul ventre e ricoperto per buona parte di sangue suo e non. Quando Arok si accorse dell'ospite inattesa, si sforzò fino a consumare le sue ultime energie unicamente per ritrovarsi in piedi e traballante di fronte a lei.
Se morirò, morirò in piedi si convinse, tremante e dolorante ai limiti del sopportabile.
“Cosa ti è successo, lupo?” domandò sulla difensiva la nuova arrivata, così tentata dall'odore di tanto sangue fresco da tremare a sua volta per trattenersi dal saltargli addosso e finirlo con le sue stesse zanne.
“Non è un fatto che ti riguarda” rispose fermamente lui, nonostante l'aspetto traballante.
“Dipende. Se la tua storia mi piace potrei non ucciderti.
Arok sussultò a quelle parole, e la lupa ne approfittò per sembrare più sicura di quanto non fosse. “Siamo entrambi feriti e stanchi, ma non ci vuole certo molto a capire chi di noi due vincerebbe un corpo a corpo.”
Purtroppo la fame ebbe la meglio, e il suo stomaco emise un rantolo che risuonò nella grotta.
“Così è questo il tuo obbiettivo, eh?” si buttò nuovamente a terra il lupo bianco, incurante del terribile e lacerante dolore che quel movimento improvviso aveva fatto dipanare in ogni suo muscolo. “Massì, divorami pure. Ma sappi che non sarò mai tua vittima, bensì un tuo sostentamento. Sono stufo di essere la vittima di tutto e tutti.”
“Solo...” cercò di mantenere un aspetto sicuro mentre condivideva quei pensieri con la sconosciuta, ma non ebbe quel gran risultato “cerca di finirmi con un colpo secco. Sono qui che aspetto di morire da ieri ormai, e non ho più troppa voglia di aspettare.”
La lupa sembrò pensarci seriamente sopra. Nutrirsi di un suo simile, per di più che non era in grado di difendersi, valeva il suo sostentamento? Alla fine il muso serio assunse un aspetto più rilassato. “Sei coraggioso. Mi piaci.”
L'altro si stupì più di colei che aveva di fronte nel sentire quelle affermazioni.
“Qual'è il tuo nome?”
“Sono Arok” rispose, alzando unicamente il capo, che ormai era distinguibile a fatica dalla larga chiazza rosso sangue che si era formata sotto di esso a causa della ferita all'orecchio. “E il tuo?”
“Puoi chiamarmi Rain.” fece, dopodiché si avvicinò a quel corpo martoriato e iniziò a leccare via il sangue, per far finalmente cicatrizzare le ferite. “Diamoci una sistemata, che ne dici?”


Edited by ZannaNera - 14/4/2012, 17:24
 
Top
NightWolf86
view post Posted on 6/7/2012, 10:11




E' cosi bella che me la sono stampata...la rileggo con calma!!
Davvero molto bella...complimenti!!
 
Top
NightWolf86
view post Posted on 7/7/2012, 17:02




Letto...davvero bello!
Mi piace come scrivi!
Mi vedevo impersonato in quell'omega...in lotta contro l'alpha attaccabrighe!
Meno male che è arrivata quella lupa (non sapeva se mangiarlo....noooo!!)

Aspetto col fiato sospeso il seguito!

Complimenti davvero!!
 
Top
2 replies since 9/4/2012, 20:17   129 views
  Share